21 febbraio 2021 un anno dal Covid-19: il tempo di fare il punto della situazione. Molti i saggi e gli studi pubblicati nei vari settori da quello economico, finanziario, politico, sociale, psicologico ma la scuola in mezzo a tutte queste valutazioni di settore cosa deve e dovrà fare? Quale la priorità al ritorno tra i banchi? Quali altre metodologie innovative dovrà inventarsi per riportare al “ricominciamo serenamente da dove ci eravamo fermati”?
Maria Rita Parsi in “Ho una casa piena di squali” ci “allarma” a non sottovalutare l’impatto che settimane di chiusura forzate avranno su di noi, ma specialmente sui bambini e gli adolescenti. Non è solo la chiusura ad essere traumatica ma lo sarà anche il post-Lockdown, momento in cui dovremmo tutti tornare alla normalità. Ma sarà così semplice?
Degli Studi hanno messo in evidenza le problematiche del delock soprattutto nei giovani che potrebbero manifestare forme di angoscia portandoli a restare fissi nel presente e continuare ad essere dirottati nel passato.
E’ difficile descrivere un fenomeno quando lo si vive, così come quando si vivono le emozioni, ancor più quando si vive una pandemia in cui sono investiti anche tutti i membri e le componenti dell’intera comunità. Quest’esperienza di isolamento sicuramente ha avvicinato, allontanato o modificato i rapporti tra le persone che hanno rimodulato la propria mappa di relazioni, annullandone alcune e ricostruendone altre per la paura del restare chiusi nel presente e non vedendo prospettive per il futuro. L’idea inconscia di essere imprigionati nell’oggi ha bloccato la progettualità rendendo l’uomo “ingabbiato” e respingendolo forzatamente nel passato.
Ma il delock quali effetti avrà su queste relazioni? Si continuerà a vivere nell’insicurezza? E le scelte fatte durate questo periodo sanno confermate al ritorno alla normalità? E, soprattutto, quanto immagazzineranno gli adolescenti di tutta questa ricostruzione-interruzione-conclusione ed incertezza emotiva?
Una gran fetta della vita dei genitori è cambiata e la coscienza che la nostra società continuamente interconnessa e globalizzata si è mostrata di fatto vulnerabile e instabile ha cerato una crisi che si è ripercossa, amplificandone la percezione e gli effetti, sulla vita dei minori.
Ogni adulto ha il suo bagaglio esperienziale e culturale che lo hanno aiutato a superare in qualche modo la “carcerazione” e lo aiuterà anche a superare il post-Covid. Non tutti però sono stati capaci di trasformare questo periodo in occasione di crescita, anzi, per molti è stato un periodo che ha accentuato attraverso il trauma delle situazioni già latenti, influenzando di conseguenza la vita stessa dei conviventi. Il Covid-19 ha originato lo PsicoCovid che ha fatto emergere le paure per il futuro, il panico, il malessere e le devianze in quanto incapaci a gestire ed elaborare quanto accaduto con consapevolezza e responsabilità.
Il rischio purtroppo ricade soprattutto sui giovani che non hanno quella struttura reticolare di fattori che determinano la risposta adeguata all’evento inatteso.
Certamente i nostri alunni si sono trovati a vivere questo lockdown in modo diverso a seconda del contesto di provenienza: chi con le famiglie contenitive, che hanno visto questo anno come periodo di riscatto, di consolidamento e di conoscenza maggiore, chi con famiglie disfunzionali, che hanno vissuto quest’anno come una vera e propria carcerazione amplificando i contrasti ed alimentando uno stato di depressione, o al contrario uno stato di rabbia e di violenza.
Questi ultimi mostreranno molta più difficoltà a recuperare, aggiungendo altre carenze a quelle già manifestate.
Questo lungo periodo di isolamento ha causando problemi di salute sia fisica che mentale non solo negli adulti, ma soprattutto i bambini e adolescenti.
Da uno studio condotto sui genitori (1143 sondaggi in Italia e Spagna) Ordines, Murales, Del Vecchio, Mazzeschi ed Espada (2020) hanno evidenziato che l’86% degli intervistati ha riferito cambiamenti nel comportamento dei loro figli con difficoltà di concentrazione, irritabilità, irrequietezza, solitudine, noia e disagio diffuso.
Preoccupazioni si evidenziano anche in altri studi condotti a livello mondiale dove si evincono la presenza di un forte stress e le conseguenze psicologiche nei bambini ed adolescenti a causa del loro isolamento prolungato.
Lo stress derivante dal trauma può essere percepito in modo diverso a seconda del livello di esposizione, dall’età, dal sesso, dalla psicologia, dalla personalità, dalla cultura di supporto e dall’ambiente, inclusa l’influenza degli adulti prossimali (Compass 1987).
Questo periodo potrà avere sui nostri alunni conseguenze psicopatologiche come la depressione, stati d’ansia e disturbi da stress post traumatico ai quali i docenti dovranno essere pronti a rispondere, confrontandosi con la famiglia e con un aiuto specialistico di supporto quando necessario.
Il nostro compito è innanzitutto evitare che diventino prigionieri del web con un iperconnessione che li potrebbe portare ad essere depositari di una qualsivoglia forma della sindrome di Hikikomori.
Fondamentale per non cadere in questo vortice sarà il ruolo dei genitori e dei docenti che dovranno accompagnare senza fretta i figli-alunni da uno stato di “tutto chiuso” ad uno stato di “tutto aperto” con gradualità, senza demonizzate il virtuale ma potenziando il ritorno nei contesti aggregativi emotivi che riescono a ristabilire la serenità e la tranquillità Pre-Covid.
Il percorso dovrà essere graduale, programmato e che miri ad un obiettivo personalizzato certo.
Gianni Dominici, in una bellissima intervista sul suo libro “Cittadini ai tempi di internet” pone in evidenza l’importanza del digitale in questo periodo di crisi divenuto uno strumento fondamentale, ormai indispensabile, alla cultura del nostro mondo. “Ma l’innovazione va preparata, non si improvvisa mai”, soprattutto per i nostri alunni.
Bisogna innanzitutto educare gli studenti all’uso del web per poi renderli consapevoli e quindi utenti coscienti.
“ Internet sicuramente ha trasformato profondamente la catena dei valori, dei prodotti, dei servizi e la struttura stessa dei mercati ma non potrà mai sostituire la socialità” e la convivenza sociale allo stato puro.
In questo periodo di lockdown è essenziale incoraggiare i figli/alunni a crearsi dentro casa delle abitudini più comuni a quelle consuete ma non solo… bisogna spingerli a curare il proprio benessere, a creare uno spazio per la creatività e per la fruizione del bello, come si evince da “Strategie contro un nemico invisibile” a cura di Luciano Peirone prefazione di Santo Di Nuovo.
Come diceva Peppino Impastato “Educare al bello è importante, per sconfiggere la paura e la rassegnazione”.
Perché è così importante per i docenti educare al bello i propri alunni per aiutarli a sconfiggere la paura e tutto ciò che l’accompagna?
“Perché, quando facciamo l’esperienza della bellezza, in noi fioriscono emozioni che sono antitetiche alla paura.
La bellezza ci procura un senso di piacere, appagamento, serenità, entusiasmo, gioia.
La bellezza ha a che fare con la capacità di rapportarsi, di ascoltare, di lasciare che ciò che è altro da noi entri in risonanza con noi. E ciò che è bello, vogliamo preservarlo, custodirlo, difenderlo dal vituperio, dalla minaccia, dal decadimento.
Educare al bello significa educare all’ascolto, all’attenzione, all’incontro, alla consapevolezza che altro da noi è un arricchimento. E significa coltivare in ognuno di noi la voglia di preservare, custodire, accrescere, emulare ciò che riteniamo bello.
L’esperienza della bellezza ci rende attivi, ci nobilita, ci mette in movimento verso l’altro e noi stessi” (Maria Letizia Del Zompo).
E’ importante iniziare da qui.
Gli insegnanti dovranno considerare sempre le dinamiche psichiche dello stress e dell’ansia dei propri studenti e quindi i processi legati alla resilienza e alle diverse strategie di coping.
La scuola dovrà perciò rinforzare prioritariamente tutte quelle attività di comunità fornendo occasioni continue di confronto e condivisione con l’altro con lo scopo di costruire delle basi solide per i successivi processi di apprendimento dei propri studenti così come affermato dal prof. Michele Capurso dell’Università di Perugia.
Per un proficuo intervento educativo saranno fondamentali le attività cooperative ed elementi creativo espressivi e tutte quelle attività efficaci per ridurre il rischio di disturbo da stress post traumatico.
I nostri alunni al rientro dovranno ricostruire la propria rete sociale e il proprio sviluppo personale, non solo scolastico.
Il docente non dovrà dare pertanto la priorità al curriculum ma all’opportunità di elaborare gli eventi critici collegati al Covid-19 sia a livello emotivo che cognitivo rafforzando in questo modo la resilienza e minimizzando il rischio di traumi di lunga durata.
Sarà fondamentale facilitare i confronti in classe in modo che ognuno, senza essere giudicato, possa esprimere le proprie idee perché attraverso queste attività ci si riconosce nell’altro, si cresce insieme, non ci si sente soli e s’impara dall’altro trovando insieme anche la risposta più idonea a superare lo stress. La resilienza non va solo cercata in sé stessi ma anche trovata insieme all’altro guidati da un adulto consapevole e positivo. L’obiettivo è superare il trauma ed uscirne rinforzati e trasformati positivamente.
La resilienza comporta quindi una ristrutturazione totale che ha bisogno di controllo e di competenza sociale nell’uso delle risorse dei supporti, ma anche di speranza nel futuro. Il docente non potrà farsi trovare impreparato a tale compito. Egli dovrà scoprire e attivare in ogni alunno le abilità e le risorse interne per sviluppare attraverso le più innovative metodologie la capacità di padroneggiare i sentimenti e le emozioni attraverso la Community resilience (“Dall’emergenza alla resilienza” – Santo Di Nuovo)
Bisognerà che tutta la comunità scolastica nel suo insieme utilizzi le risorse disponibili per consentire l’adattamento e la crescita implementando un piano di resilienza grazie al quale la scuola può superare qualsiasi disastro.
Ultima riflessione utile riguarda il tempo.
In questo anno abbiamo capito che il tempo misurabile oggettivamente è ben diverso dal tempo interiore ed emotivo…non che lo non sapessimo ma semplicemente non lo avevamo mai vissuto a pieno.
Abbiamo fattivamente toccato con mano il nostro concetto interiore di tempo ognuno diverso da quello dell’altro. Ciò che gli adulti dovrebbero fare è trasmettere agli adolescenti che il tempo si può concepire in modo diverso e che “nessun quadrante” ha più valore di un altro. Tutte le concezioni del tempo sono vere, tra loro interconnesse ed ognuna qualitativamente importante.
Il tempo dell’orologio è diverso da quello interiore ma ognuno ha il proprio valore. Anzi, attraverso quest’ultimo conosciamo noi stessi e l’altro. La velocità del tempo del quadrante è diversa dalla pazienza e la calma del tempo interiore.
Gli adulti, genitori e docenti, dobbiamo diffondere questa esperienza e far comprendere ai figli-alunni che il tempo interiore è un tempo lento, ma non per questo meno produttivo di quello frenetico. I docenti dovrebbero far capire che questo anno di “tutti dentro casa” in realtà è stato un anno di “tutti dentro sé stessi” e farne una ricchezza e un punto di partenza per progettare consapevolmente il proprio futuro.
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